Il primo amore non si scorda mai

Partiamo dalla foto… Da qualche parte, sapete, bisogna pur prendere lo spunto…
Il soggetto, nel caso qualcuno non lo avesse riconosciuto, sono io, 30 anni e almeno 30 centimetri fa, anche tenendo conto delle generose proporzioni del cappello; la divisa, indiscutibilmente, quella di una banda musicale, nello specifico quella di Ponte e Salgareda (ma di questo parlerò in un’ altra occasione).

Il sassofono, protagonista di questo articolo, è un onesto Rampone & Cazzani (o FISM, Fabbrica Italiana Strumenti Musicali) della fine degli anni ’80.
All’inizio della mia storia di musicista avevo utilizzato dei sax dati in prestito dalla banda stessa, e di quegli strumenti non ho alcun ricordo; dopo qualche tempo, appurata la buona volontà del ragazzo, si era pensato di procurargli uno strumento di proprietà, e la scelta era caduta su questo, anche se non mi ricordo chi avesse preso questa decisione.

Le opzioni, a quei tempi, erano comunque abbastanza limitate. Si andava da un rivenditore, e si tornava con quello che aveva a disposizione.
Prima che l’ invasione di prodotti di discreta qualità e costo contenuto provenienti dall’ estremo Oriente spingesse la R. & C. a concentrare la produzione su costosi strumenti di altissimo livello, l’azienda era conosciuta soprattutto per i suoi sax da studio, o da banda, per l’appunto, e il mio non faceva eccezione: mancava di alcune chiavi ausiliarie, l’estensione era limitata, e la meccanica un po’ macchinosa e non sempre impeccabile, anche se il suono, a detta di molti, farebbe invidia ancora oggi a molti strumenti made in China.
La laccatura lucente che si vede in questa foto del novembre 1988 non durerà a lungo: chilometri e chilometri di marce sotto il sole e la pioggia la renderanno presto opaca e ossidata in vari punti, mentre alcune ammaccature qua e là testimonieranno la vita dura che toccava a questi strumenti, come cicatrici sulla pelle di un avventuriero.
Però era mio, per le prima volta ne possedevo uno, e per me era lo strumento più bello che ci fosse al mondo. Quando non potevo suonare, lo tiravo fuori dalla custodia, lo lucidavo o stringevo qualche vite. Quando qualche lontano parente veniva in visita, lo portavo in cucina e lo mostravo a tutti come una reliquia, senza permettere a nessuno, beninteso, di prenderlo in mano!

Era la cosa più bella che avessi mai posseduto, e mi ha seguito per molto tempo senza mai rompersi, abbandonato su un mucchio di giacche dopo una suonata in riva al lago, o infilato nella sabbia della spiaggia di Jesolo alla fine di qualche cerimonia di inaugurazione.

Alcuni anni dopo giunse il momento di passare a uno strumento di livello superiore, e per rientrare in parte della spesa non indifferente, si decise di vendere il mio. Le 400.000 lire che mi offrivano, per l’ epoca, non erano poche per un sax in quelle condizioni, e l’affare andò in porto; arrivò un meraviglioso strumento francese, impeccabile, preciso, dal suono suadente e dalla campana sontuosamente incisa, e il vecchio Rampone venne presto dimenticato,con quella noncuranza che spesso si accompagna all’adolescenza…

Oggi, molto tempo dopo, vorrei non averlo mai dato via.

Lo tirerei fuori dalla custodia, e passerei le dita su quelle chiavi arrugginite, e mille ricordi prenderebbero vita…

Magari ogni tanto lo suonerei pure, perchè sapete, con il tempo si diventa un po’ nostalgici, o magari semplicemente perché da lì è cominciato tutto e a certe emozioni, in questa vita, non si dovrebbe mai dare un prezzo…

 

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