SE GERSHWIN INCONTRASSE TCHAIKOVSKY…


Teatro Accademico di Castefranco Veneto
…succede una sera di fine inverno che due storie così diverse e distanti rivivano sul palco assieme ad una splendida Orchestra di allievi, ad un pianista americano seduto ad un sontuoso grande codadiretti da un austriaco enorme, pragmatico ma divertente nella sua conoscenza profonda della Musica e degli uomini. La Rapsodia in Blue di George Gershwin ha documentato l’America degli anni venti descritta da un illuminato e ricco compositore alla ricerca esasperata di assomigliare ai grandi europei. La ricordavo suonata e diretta da Leonard Bernstein e l’ho ritrovata ieri sera nelle agili dita di un giovane e bravissimo pianista italo-americano accompagnato dai suoi coetanei poco più che ventenni in una performance fresca e creativa trascinante ed emozionante; poi lo stacco…”Signori,(con quel suo accento teutonico), abbiamo chiuso la festa appena conclusa per gettarci in un clima di meditazione più adatto al periodo di quaresima ed ecco la “Sesta sinfonia – Patetica” di TCHAIKOVSKY.

La descrizione del genio russo da parte del maestro Holtz, è stata…delicata; al suo commento ha in ultima aggiunto:”Adesso che sapete, saprete ascoltare…ma non ascolterete mai più come prima…”

La storia del grande compositore russo contrasta in modo stridente con l’americano ricco e famoso; figura, quella di Tchaikovsky, di un uomo avvolto nella tristezza della sua solitudine, solitudine indotta dalla sua omosessualità bandita per legge da quel governo; scrisse la Patetica quasi come testamento artistico ed umano. Un giorno, divenuto troppo famoso, si narra ricevette una lettera-ordine del suo governo che gli… consigliava di suicidarsi per togliersi di torno nel modo meno imbarazzante per tutti…così diresse la prima della Sesta Sinfonia ed alla fine andò a casa ed…eseguì l’ordine…
Aveva ragione Maestro Holtz, ho ascoltato il primo movimento di questo capolavoro pensando, non più solo ascoltando e mentre le note del tema mi avvolgevano, piano piano attorno a me la gente spariva e mi ritrovavo a volare da solo in un mondo dove nessuna umana follia mi avrebbe mai raggiunto…e poi il valtzer in 5/4 e lo scherzo e …l’adagio finale con quel SI del contrabbasso che non finiva mai come il silenzio innaturale che per dieci interminabili secondi è caduto dopo la chiusa…credo di aver capito che l’applauso che è seguito, a parte ribadire la bravura dei musicisti, ha salutato la fine del volo e reso omaggio all’artista che ci ha permesso di volare: Petër Iljć Tchaikovsky.
Ho pensato a mia figlia che suonava quella bellezza in mezzo a dei giovani come lei ai quali cercano di tarpare le ali con ogni mezzo senza sapere, poveri idioti, che non si possono tagliare le ali della bellezza ma che al contrario sono condannati per sempre a vivere nell’incubo che altri possano volare e loro no…

 

Andrea Tessarollo

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